“L’individuazione è una unificazione con sé stessi e, nel contempo, con l’ umanità, di cui l’ uomo è parte” C. G. Jung, Opere, vol. 16 p.118
Infatti il processo d’ individuazione è centrale in una psicoterapia junghiana poiché riguarda la costruzione, la formazione della soggettività intrinseca nelle energie psichiche, capacità corporee, psicologiche, mentali e potenzialità di ogni uomo; ma riguarda anche il suo unico e personale rapporto con il mondo esteriore e la capacità-possibilità di comprenderne ed interpretarne i “segni”. Potremmo chiamare l’ individuazione “autorealizzazione”.
Nel corso della mia professione ho incontrato persone straordinarie in grado di collaborare a risolvere i loro stessi problemi psicologici percepiti come ostacoli di pietra sul loro percorso vitale di autorealizzazione. E’ in questo che consiste l’ esperienza analitica del paziente come processo di guarigione. Ogni individuo, infatti, nella sua unicità, esprime caratteristiche di personalità originali, anche nel modo di rivelare la sofferenza e nelle manifestazioni sintomatiche di conflitti e dolori interiori. L’ analista “esperto” è in grado, per ogni paziente, di elaborare e seguire un percorso terapeutico unico, adatto ad un soggetto che si rivela nelle sedute analitiche.
Essere un adolescente o un giovane adulto significa affrontare una condizione psico-affettiva più complicata di quanto il Sé possa sopportare normalmente. Spesso questa situazione coinvolge anche la famiglia. Ed, a volte, il Sé o altra parte dell’ organizzazione di personalità soccombe causando quello che viene chiamato disagio giovanile, esistenziale, attacco di panico, disturbi del comportamento alimentare ed ancora altro. Gli adolescenti ed i giovani adulti sono le fasce di età più a rischio per possibilità di sviluppare una patologia mentale che ne arresterebbe la crescita. In età matura la depressione nelle sue svariate espressioni ed i disturbi psicosomatici sembrano essere le sofferenze più diffuse.
Nella mia professione raramente mi avventuro nell’ intrigo delle diagnosi differenziali ma seguo una schema già in vigore prima che il PDM (Manuale Diagnostico Psicodinamico, pubblicato negli Usa nel 2006 ed elaborato da varie associazioni psicoanalitiche statunitensi) ed i vari DSM-5 (Diagnostic and Statistic Manual of mental desorder, ricordo qui l’ ultima edizione di questo Manuale utilizzato da medici e psichiatri) fossero pubblicati. La diagnosi differenziale serve a stabilire da cosa il soggetto malato è affetto escludendo sintomatologie similari da riferirsi ad altre patologie. Il procedimento per arrivare alla diagnosi consiste in una serie di esami e test già previsti e standardizzati. Il DSM-5 (Diagnostic and Statistic Manual of mental desorder) è un Manuale Diagnostico Statistico che si applica alle patologie mentali ed è nosografico, cioè, prescinde dalle caratteristiche individuali dei pazienti ed è, nelle intenzioni degli estensori, ateoretico, cioè non segue alcuna scuola di pensiero psichiatrico.
Ritengo, come afferma Jung, che ogni persona è unica in Sé ed irripetibile e non è possibile restringere la sua mente, la sua anima, i suoi affetti in una etichetta diagnostica sia pure molto studiata e testata. Forse diagnosi così “specialistiche” come quelle descritte nei manuali diagnostici prima citati, sono finalizzate alla prescrizione di farmaci.
I miei pazienti giovani e meno giovani raramente assumono farmaci; a volte si rivela utile qualche pillola per dormire o qualche ansiolitico che diviene rassicurante per il solo fatto di essere tenuto in tasca per un eventuale uso emergenziale.
Prendersi cura di una persona sofferente in psicoterapia, per chi, come me, è di scuola junghiana presuppone, in primo luogo, il riconoscimento delle caratteristiche di soggetto, individuali di ciascuno e procedere nel senso della sua individuazione, assecondare quindi quel continuo divenire verso il proprio Sé, alimentato dal Sé stesso. Il processo terapeutico da me condotto, pur tenendo conto dei metodi diagnostici citati, tende a valorizzare le possibilità psicologiche che ogni persona possiede per raggiungere l’ equilibrio mentale.
“Qui si può domandare perché mai sia desiderabile che un uomo si individui. E’ non solo desiderabile, ma indispensabile, perché l’ individuo, non differenziato dagli altri cade in uno stato e commette azioni che lo mettono in contrasto con se stesso. Da ogni inconscia mescolanza e indissociazione parte infatti una costrizione ad essere ed agire così come non si è. Onde si può essere, ne d’accordo in ciò, ne assumersene la responsabilità. Ci si trova in uno stato degradante non libero, non etico.” C.G.Jung, L’Io e l’ inconscio”